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Ho sonno.
Ma è un sonno strano, mai successo di avere così tanto sonno. Anzi si, uguale una volta sola, dopo avere fatto l’amore con la Donna della mia vita e non era neanche la prima volta che lo facevamo. E’ stato qualche settimana fa, davanti al caminetto acceso, con i bambini che dormivano nella loro stanza e noi silenziosi e umidi, innamorati, caldi e tentennanti come la prima volta, ma stavolta anche felici, fieri, uniti. Una volta speciale. I nostri sogni belli avverati.
Ecco ho un sonno così ora. Come se il mio corpo fosse vuoto e non parlo solo di energia. Mi sento proprio vuoto, senza muscoli, senza ossa.
Eppure non sono stanco. In vacanza non si può essere stanchi e se lo si è, è stanchezza bella che ti fa stare bene. Infatti io non sono stanco, ho solo tanto sonno. E mi sento vuoto. Sarà anche per il silenzio attorno a me che è davvero un silenzio strano: è irreale, pastoso. Un silenzio di ovatta; così tanto silenzio che sento il mio cuore battere lento. Sento il mio respiro, intervallato dalle pulsazioni del mio cuore, davvero stranamente lento.
Io non ho un cuore lento: il mio cuore è sempre andato a velocità doppia del normale, ma non perchè sia malato sia chiaro! Anzi: i medici mi hanno sempre detto che ho un cuore perfetto. E’ che il mio cuore si appassiona prima della mia testa. Come quando ho conosciuto lei, la compagna della mia vita e il mio cuore la riconobbe prima di me. E quando sono nati i nostri figli! Anzi batteva forte anche prima, quando lei mi faceva toccare il pancione. E ha battuto ancora forte ai primi vagiti, poi ai primi passetti gattonati e ancora con le prime parole comprensibili.
Il mio cuore si è appassionato tanto. Ha pompato rabbia mentre discutevo con gli amici del job act e degli 80 euro. E batteva preoccupato mentre pensavo all’opportunità di comprare una casa, per me e la mia famiglia, accollandomi un mutuo che mi avrebbe accompagnato per l’eternità.
Il mio cuore batte a velocità doppia anche quando lavoro. Il mio lavoro è la mia passione, sono un uomo fortunato. Non mi pesa lavorare e il mio cuore pulsa veloce, perchè si appassiona piu di me. Magari il respiro diventa pesante, quando non mi permettono di farlo come vorrei, il mio lavoro. Ma il mio cuore no, lui batte sempre forte forte, non come ora.
Il mio respiro poi diventa affannato quando mi commuovo, è che io mi commuovo troppo spesso. Me lo dice anche la mia Donna: “ti commuovi per le sciocchezze”. Sarà così, può essere, ma non posso cambiare il mio cuore e il mio respiro. Posso cambiare la mia testa forse, ma il cuore e il respiro no. Loro sono autonomi, non li puoi comandare. Mi hanno detto che ci riescono i grandi maestri di arti marziali ma non ci credo, secondo me “bluffano”. Nessuno può comandare il respiro e il cuore. Prova, maestro di arti marziali, a rallentare il cuore quando il tuo cane ti appoggia il muso sulla gamba chiedendo le coccole.
Come avrei potuto comandare il mio cuore straziato dalla vista di ciò che è successo ai miei amici e compaesani? Case distrutte, tanti morti sotto le macerie o feriti mortalmente nel fisico e nel loro cuore. Persone che come me avevano messo un punto alla loro vita e avevano detto: “Ho la mia famiglia, la mia casa, il mio lavoro. Sono felice, non voglio piu di questo.” E appena detto, appena pensato, una manona gigante uscita dalla terra che amavano, con un solo pugno ha messo un punto dopo il loro. Anzi tre punti, di sospensione. Ad libitum. Come puoi non emozionarti pensando a loro mentre sei nella tua casa, quella del mutuo, graziata, intatta?
E sinceramente, è possibile non avere il cuore che batte forte alla vista delle migliaia di persone, anche se li chiamano migranti, che si gettano ammassandosi in un barcone ammuffito pur di arrivare alla riva delle loro speranze? E’ possibile fare in modo che il respiro sia regolare guardando le migliaia di morti ammazzati di questo girone dantesco? Ammazzati dagli scafisti, uomini come loro, non certo dalle loro speranze o dal mare!
Il mare poi non me lo toccate. Perché per me il mare è serenità.
Una volta al mare con i bambini sono diventato anche io bambino con loro. Aspettavamo l’onda che arrivava e ci sollevava, come una manona gigante, ma diversa da quella del terremoto. Una manona gigante buona che ci sollevava di peso e ci spostava verso la riva. E noi ridevamo di quella manona gigantesca e incontrollabile, potente certo, ma educata e leggera.
Salutavamo la mamma, stesa a prendere il sole, urlando e ridendo e il mio cuore, come sempre, batteva forte, inseguito dal respiro che tentava di raggiungerlo. Si chiama felicità, credo.
E ora dovrei essere felice, con tutto questo bianco intorno. Un bianco abbacinante a tratti, che diventa lentamente nero assoluto quando tramonta il sole. E dovrei essere felice in compagnia di questo silenzio, che si può toccare tanto è denso.
Dovrei essere felice perchè so che i miei bimbi sono a casa dai nonni, al caldo, amati. Dovrei essere felice perchè la mia Donna è di certo qui vicino, lo so, lo sento, anche se non riesco a chiamarla, non con la voce almeno. L’ho detto prima: il mio corpo è vuoto ora, senza energia, ossa, muscoli, figuriamoci gridare per chiamarla. Ma lei è qui, certamente.
Questo bianco attorno è così quieto e sereno, immanente. Ha in se il proprio principio e la sua stessa fine. Chissà se esiste un Paradiso e se è fatto così. In fondo lo abbiamo detto tutti almeno una volta no? “Vorrei un isola deserta, tutta per me e con nessuno intorno. Nessun rumore, nulla da fare, nessuno che ti rompe le palle.”
Bah.
Non so se augurarmi che il Paradiso sia davvero così, ora che ci sono dentro. Non so se volere che la mia Donna possa raggiungere i bambini o rimanere qui a farmi compagnia; non sono egoista, è che qui, in fondo, c’è pace e silenzio. Non è bello augurare a chi si ama la pace e il silenzio?
E ora il silenzio è diventato di acciaio lucido. E’ talmente profondo che diventa assordante anche un solo scricchiolio.
Forse dovrei dormire.
La cosa stupefacente è che non ho piu freddo. Lo avevo, prima. Ho tremato a lungo, ho tremato tanto che credo di essermi rotto un dente mentre la mia bocca si muoveva scomposta, animata di vita propria. Ho sentito il sapore dolciastro del sangue ma poi è sparito subito assieme al dolore. E’ rimasto il freddo, ancora un po’, ma poco. Poi nulla, solo il sonno, tanto sonno.
Non vorrei addormentarmi però, non ancora.
Anche questa volta, come quella volta al mare con i bambini, ho provato quella sensazione. Una manona gigantesca che mi ha sollevato e trascinato via. Ma era cattiva, lo sentivo. Non come il mare che ti prende e ti porta verso riva, come quella volta. Questa mano gigantesca era fredda e non mi lasciava il tempo di capire. Mi ha preso inaspettatamente, mi ha strappato dalla mano della mia Donna. Mi ha strappato via dai sogni belli, dai miei pensieri sul mutuo che alla fine mi sono accollato, (ve lo avevo detto no ?) mi ha tolto la vista dei miei bambini e tutto il resto. Mi ha sbattuto qui, dove sono ora e lo ha fatto senza grazia, anzi con dolore e violenza.
Intorno ho il bianco, il silenzio, la neve che ho amato. Il mio cuore ora è davvero lento, così lento che non lo sento più. E il respiro come sempre, come ha sempre fatto, lo segue. Segue il battito.
Ho davvero tanto sonno, ora. Ancora di più rispetto a quella volta, dopo che avevo fatto l’amore in quel modo speciale.
Devo proprio addormentarmi ora.
Rigopiano, 18 gennaio 2017
Ho letto che la morte per ipotermia avviene seguendo varie fasi: brividi, spasmi sempre più violenti e incontrollati, il corpo tenta di ridurre la propria temperatura e quindi il cervello ordina di diminuire la frequenza respiratoria il che genera una alterazione cerebrale simile al sognare, non si avverte più il freddo. Poi rallentano le pulsazioni del cuore, fino a nessuna. Ci si addormenta, quasi dolcemente, senza dolore.
Ovviamente il mio è un racconto di fantasia, nel senso che mai potrei immaginare ciò che si prova, quello che si pensa, sapendo di perdere tutto quello che si ha, cioè la propria vita. La vita. Il racconto tra l’altro è molto più autobiografico di quanto possa apparire. Al contempo, desidero, nel mio piccolissimo e inutile, dedicare un pensiero non solo alle vittime di queste tragedie, ma a tutti quegli uomini e donne che prestano la loro vita e talvolta la donano, scambiandola con quella di altre persone che non hanno mai visto prima: i veri eroi sono loro e questo ci fa capire quanta ragione abbia avuto Bertolt Brecht nel dire “Beato il mondo che non ha bisogno di Eroi”.
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