• s.m. Nel l. giornalistico, articolo di fondo, spesso non firmato, che rispecchia l’indirizzo ideologico del giornale (blog)
Si consuma oggi una diatriba tra un “maestro” della fotografia che attacca un “maestro” della fotografia, spalleggiato da un terzo “maestro” della fotografia su una foto per un calendario “storico”.
Il primo, latore delle denuncia, realizza(va) campagne pubblicitarie e le fotografie annesse non si possono definire ne banali ne scontate perché come tutte le campagne pubblicitarie i paletti e le scelte sono del cliente e non certo del fotografo. L’ultima, per costumi, una foto sempliciotta, essenziale, alla portata di chiunque ma, evidentemente, “giusta” per il marchio.
Il secondo, preso di mira, in vecchiaia ha cominciato a capire che campare sui diritti d’autore di una singola foto, e di qualche altro meraviglioso servizio di finto reportage (non perché finto meno emozionante), non basta: così ecco qui le sue campagne pubblicitarie, dove si vede di certo la mano del fotografo, ma era meglio che non si vedesse.
Il terzo, boh. Dice di avere iniziato a fotografare negli anni ’70, sarà di certo così, ma se lo cerchi su google non ci sono suggerimenti nel campo di ricerca sino a che non digiti le penultime lettere del cognome. Però ora frequenta il “trittico dorato” e così se ne parla. Le foto che fa sono belline, pure quelle che si vanta scattare con l’iPhone 5s come se fosse una novità asserendo che: “la lente dell’iPhone equivale ad un 35 mm nel formato Leica“. Molto chic.
La realtà: tutti loro sono stelle cadenti, e neanche per colpe personali. Uno allunga le zampette di una bellissima ex famosa per un giornaletto a distribuzione gratuita (foto scattata in Brasile anzi si specifica nel Nord Est del Brasile, ma ovviamente essendoci solo mare dietro al soggetto, andava bene pure Ladispoli), quell’altro pastrocchia con Photoshop come chiunque di noi e l’ultimo fotografa su normalissimi e tristi muri grigi di sfondo (che non danno mai problemi di luce) ma dice di essere in un posto esclusivo a Venezia, come se si vedesse: ma tutte queste foto non sono ne brutte ne belle. Sono foto pubblicitarie: richieste così e scattate così e spero per loro, pagate bene. Perché dar loro una valenza che non hanno?
E’ il mercato che è cambiato e non tornerà mai più come prima. Loro lo dicono (soprattutto il primo, che è un laureato in “Troppologia” con 110, lode, menzione, ed è bravissimo p.r. di se stesso) ma poi razzolano malissimo. Evidentemente queste “denunce” servono secondo loro a comunicare alla famosa casa del calendario che avrebbe potuto scegliere meglio, il che è pure vero. Ma se con tutti i caffè che prendono, la famosa casa avesse un barlume di intelligenza, sceglierebbe dei bravi ragazzi con idee, darebbe loro mezzi e strumenti e potrebbe “rischiare” un po’, per dare davvero spazio a cose più o meno nuove ma di certo fresche. Ma si sa: meglio andare sul sicuro, anche se il “sicuro” è una stella cadente, tanto il 90% del pubblico se ne frega e dice “oh…..quanti bei colori….”, “saranno scattate in Senegal?” …
La tristezza maggiore, per quello che mi riguarda, è che ‘ste denunce vengono fatte su Facebook, che alcuni di questi maestri PAGANO le loro inserzioni per avere lo stesso numero di mi piace di “MissFondi 2014” pubblicando (pardon, postando) foto SPLENDIDE ma scattate nell’81. Triste, davvero, tristissimo.
La fotografia (lo dicono loro che predicano bene e razzolano male, come ho già scritto) è cambiata e tanto. E con essa la percezione e il gusto dell’immagine. Beh, facciamocene una ragione e soprattutto non valutiamo le foto pubblicitarie come arte. Non lo sono quasi mai, salvo rarissime eccezioni, volute dal cliente dando spazio e libertà a fotografi come Avedon o Mapplethorpe facendo realizzare loro cataloghi nei quali il prodotto neanche c’era. Il massimo possibile è che siano foto “giuste” per il Cliente. Piuttosto, proviamo a ridare alle nostre foto “personali” cioè quelle che scattiamo per noi, la giustezza che meritano, non scattando milioni di ragazzine su un fondo bianco col vestitino spiegazzato giocando sul “numero”, ma magari mettendoci idee, ragione e cuore. E rispetto.
A proposito, io mi sono alzato prima per scrivere queste quattro righe perché ora vado a lavorare. Certo, campagne pubblicitarie per marchi non così conosciuti come i loro, ma Aziende create e condotte da persone oneste che campano col proprio lavoro e vorrebbero rappresentarlo al meglio. Io li ringrazio sempre, ci provo, non è detto che mi riesca, ma almeno ci provo. E sogno anche io di fotografare Belen, ma sono FELICE di fotografare tutte le ragazze e i ragazzi che mi concedono attenzione e passione. Ne sono orgoglioso.
Enjoy.