Il mio problema sono i numeri.
Già, perché in generale non ho memoria a breve e quindi neanche per i numeri.
E a dire il vero non ho memoria fotografica (…) ne memoria a lungo termine salvo che per i numeri.
Mi ricordo il numero di telefono della casa dove sono nato, e allora non serviva il prefisso: 897885. Quello di mia nonna (890232), nonna che adoravo, che teneva le galline sul balcone di casa e faceva la sarta.
Ricordo quello di Giorgio il mio amico di infanzia, quello che alle elementari pensi sia l’amico per tutta la vita e che invece ho perso di vista in prima media.
Ricordo il numero della linea autobus (60) alla cui fermata aspettavo la mia prima fidanzatina per andare a Villa Borghese. E alla cui fermata il 12 dicembre mi lasciò con un laconico: ‘ Non mi diverti più.’
Ricordo la targa della mia prima automobile (mia mia non prestata, una Giulia 1300), e le prime gite al mare con la chitarra sul sedile posteriore e poi ricordo quella della mia prima moto vera, una Honda 750 four, nera. E quest’ultima mi fa venire in mente il primo viaggio con lei, sino a Capo Nord nel 1983. Il morso violento del freddo, il mappamondo, la gioia di una vittoria, il pensiero del ritorno e la mia passione per le moto, mai sopita.
Ecco il problema: ogni numero mi riporta indietro nel tempo. Certo, di per se questo non rappresenta un cruccio: mi piace praticamente tutto quello che ho fatto. Ho viaggiato davvero ovunque. Ho conosciuto e lavorato con centinaia di persone magnifiche. Le tournée teatrali, il cinema e la fotografia ti fanno viaggiare tanto, fisicamente e con il cuore però… i miei numeri mi fanno pensare anche al fatto che, al di la delle impressioni, io sia un uomo che si accontenta di poco.
Poco, nel senso che mi fanno felice piccole cose, al pari delle grandi. E parimenti mi rendono triste e infelice anche piccoli gesti o avvenimenti che altri razionalmente bollerebbero come ‘insignificanti’. Piango per una poesia, alla fine di un bel libro, e spesso anche solo per un accordo musicale.
Mi sento felice se qualcuno apprezza il mio lavoro (certo, come tutti) ma veramente felice lo sono solo se capisco che è un apprezzamento motivato e non interessato. Mi fa felice tornare a casa e scoprire che ho ancora in frigo una cosa che mi piace e pensavo fosse finita. Mi entusiasma un sorriso anche solo accennato della mia compagna, o un messaggio di mia figlia. Non lo dico per dire: io sono più contento quando sono nel mio letto con un libro (non fate battute…) che acquistando una costosa macchina fotografica. Questo perché se ho la testa e il tempo per stare a letto a leggere un libro, o su una poltrona ad ascoltare i miei vinili, significa che la mia giornata è stata bella, fruttuosa, appagante, e che quindi prima o poi la potrò comprare quella macchina fotografica…
Al contrario invece un solo gesto diseducato, una frase non detta, oppure (ed è la cosa peggiore per me) una mia emozione che non passa, che non viene compresa, che non raggiunge la persona alla quale l’ho voluta regalare, magari perché quella persona non lo meritava quel regalo… o ancora l’impossibilità da parte mia di esprimermi al meglio, per i miei tanti limiti o per i limiti imposti dal momento, ecco! Una sola di queste cose mi atterrisce. Dico davvero! Lo sconforto diventa malattia, avvelena la mia mente, distrugge intere giornate. Beh, i numeri che ricordo, suscitano quasi sempre in me una di queste sensazioni: gioia, melanconia, tristezza, amore, passione, e tante altre.
Il fatto è che a me basta nulla, davvero, lo giuro. Niente più di un “grazie”, un abbraccio, per farmi tornare indietro a mia nonna e alle sue galline sul balcone, per poi proiettarmi nel futuro con rinnovata forza e convinzione! E questa è la mia vita vera, quella che ho avuto e quella che mi rimane davanti: non è solo le fotografie che scatto, ma è soprattutto quelle che ricordo e che ricorderò grazie anche ai numeri, e che sono dentro di me non in un computer o su una pellicola. Le altre, quelle che si vedono, quelle che vedete voi, sarei felice se facessero percepire almeno un po’ che la mia vita non è la fotografia di per se, ma è quello che ci sta dentro, e che me le fa scattare. Quello che una mia immagine vi lascia negli occhi quando le guardate, (se vi rimane impresso qualche cosa) sappiatelo, spesso scaturisce dal ricordo di un numero: uno dei tanti numeri della mia vita.
- P.S.: Il pensiero che è scritto sulla foto sotto, descrive una immagine che non ho mai scattato, ma che è un bel ritratto in bianco e nero, fissato nel mio cuore, e lo sarà per sempre.